Riprendo qui un punto che e' gia stato accennato nel mio post precedente, e che ha gia' ricevuto una dotta spiegazione da Bruno.
Girando in rete ho trovato una interessante dissertazione, o meglio una spiegazione, del rifacimento della fosfatazione su un M1 Garand.
Il link e' http://www.exordinanza.net/schede/Fosfatazione.htm
Fermo restando la non applicabilita' di questa pratica nel mio restauro, mi e' rimasto pero' il dubbio del perche' venga scelto un metodo piuttosto che un altro.
La procedura indicata nel link riportato e' ovviamente complessa, se non impraticabile a causa della necessita' di strumenti ( sabbiatrici ), vasche ( inox da quasi un metro ), temperature costanti etc che mal si addicono ad un utente "normale".
Nel link pero' si spiega che tale procedura era quella seguita ai tempi della costruzione del fucile, ed in effetti l' effetto antiriflesso e' notevole.
Anche la resistenza agli agenti immagino che lo sia, perche' tali armi ( ex ordinanza appunto ) dovevano essere utilizzati in condizioni piu' che proibitive, per definizione.
Ora, sulla base di quali idee un produttore sceglie una procedura ( brunitura ) rispetto all' altra ( fosfatazione ) ?
Quale delle due puo' essere considerata piu' resistente ?
Pigi