MARO' - Vergogna della politica italiana

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Bruno Biscuso
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MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da Bruno Biscuso »

Sono schifato da questa gentaglia che occupa indegnamente ruoli politici ai vertici dello stato decidendo e disfacendo posizioni prima assunte e poi rinnegate.
Un governo condotto da individui mai eletti dal popolo e che non risponderanno mai degli errori commessi in danno dei cittadini italiani. Un immagine di un popolo sempre più compromessa, denigrata, e derisa nel mondo a causa di un manipolo di incompetenti impupazzati dallla voglia di potere.
Sperare in un ravvedimento di questa gente è pura utopia, pensare ad un 'colpo di stato' lascia perplessi, da parte di chi...??? Sono passati i tempi delle contrapposizioni ideologiche, ed allora...???
I 'grillini' arrivano a sistemare i conti.
Rivoluzione bianca ??!
Nessuna vittima, e niente spargimenti di sangue.
Non fanno accordi con nessuno, vogliono solo stare col fiato sul collo di qualunque governo dovesse stabilirsi. Hanno ragione ?
Forse, si!
Ministri irresponsabili, avete sostenuto il 'diritto internazionale', e poi vi siete rimangiato tutto. VERGOGNATEVI!
Da cittadino italiano chiedo scusa ai Marò per le scelte che i nostri governanti hanno adottato, sicuramente è avvenuto un brutto incidente in quel mare, ma la solidarietà del popolo italiano è sicuramente con Voi.
Politici..., avete portato la nostra Italia ad essere irrisa nel mondo, dopo millenni di cultura e di sacrifici del suo popolo, VERGOGNATEVI!!!
Cordialità
Bruno
"la Libertà è reale dove è possibile esprimersi senza censure, chiunque dovesse impedirla o porre limiti al pensiero altrui commette un delitto di estrema gravità. L'autoritarismo e le dittature non consentono il propagarsi delle idee e degli scritti." BBG
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

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Quoto tutto ciò che hai detto bruno. :-|
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Andrea (PE)
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da Andrea (PE) »

Bruno sono stra d'accordo con te...abbiamo rispedito i nostri due ragazzi in pasto alla giustizia indiana,VERGOGNA!
E' oltretutto probabile che il PRESUNTO errore dei nostri marò sia avvenuto,se realmente accaduto, in acque internazionali...e quindi non giudicabili SOLO da un tribunale indiano :evil:
Abbiamo barattato la vita e il futuro di questi due nostri ragazzi con quella del console italiano in india...CHE NON AVREBBE RISCHIATO SICURAMENTE NULLA!
Forza Salvatore e Massimiliano siamo tutti al vostro fianco.
Ciao

Andrea


L' uomo più saggio non è colui che sà....ma chi sà di NON sapere.
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Toto 391
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da Toto 391 »

Sono daccordissimmo con te Bruno io ricordo quando il caccia Americano trancio i cavi della funivia , al pilota non glie successo niente perche è un americano i nostri Marò sono italiani e di conseguenza non valiamo niente per il resto del mondo
W LA CACCIA
Nitro90
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da Nitro90 »

Toto 391 ha scritto:Sono daccordissimmo con te Bruno io ricordo quando il caccia Americano trancio i cavi della funivia , al pilota non glie successo niente perche è un americano i nostri Marò sono italiani e di conseguenza non valiamo niente per il resto del mondo
Strage del Cermis... un'altra ingiustizia ...
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poli danilo
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da poli danilo »

sono daccordo che questo attuale governo non votato da noi cittadini ha fatto dei disastri enormi e continua a farli , la conseguenza di monti e' stato i 15 anni di un governo del bunga bunga che non ha governato , poi non contenti nelle ultime elezioni i signori italiani anno dato modo di ritrovarcelo tra i c...... ma cosa devono farci ancora perche' la gente non li voti piu' ? la politica ha deluso ladri e ancora ladri , ma anche noi cittadini quando ci danno quella penna una gran parte di colpa e' anche nostra , riguardo ai due maro' figura meschina del nostro governo, mi posso anche sbagliare , ma bisogna anche dire che prima di premere un grilletto bisogna pensarci 100 volte non si puo' andare x il mondo ad uccidere la gente , in questa vicenda ne sappiamo poco molto poco . avranno ragione i maro ' , ma se avessero torto. e avrebbero ucciso per paura o x addestramento carente o per superficialita' , avessero ucciso un fratello o un padre ha noi cosa avremmo detto e fatto .siamo dei coglioni mentre gli indiani lo sono meno, signori io vivo in alta toscana dove il lavoro c'era in abbondanza, le aziende stanno chiudendo una dopo l'altra , e se la politica non si da' una mossa ne vedremo delle belle .voglio vedere chi paga gli stipendi e le super pensioni agli statali e politici quando saremo noi aziende private praticamente le mucche da latte tutte chiuse . di questo paese fatto di furbi , e tanti vagabondi dalle pensioni falze ai politici corrotti alle mafie che ci ci fanno una gran pubblicita all'estero ( io x lavoro sono spesso all'estero dovete sentire cosa dicono di noi x le mafie )' TUTTO DA RIFARE con amarezza danilo
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Bruno Biscuso
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

Messaggio da leggere da Bruno Biscuso »

Ancora non sappiamo cosa accadrà ai nostri due Marò che hanno operato in nome e per conto dello stato Italiano.
Sono stati 'scambiati' dall'ex presidente del consiglio per alcune committenze militari con il governo indiano.
Se tutto ciò che ho scritto e sospetto è vero mi vergogno come cittadino del conportamento dello stato rappresentato dal prof. Monti che avrebbe 'venduto' i nostri soldati..., che schifo!
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Bruno
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Bruno Biscuso
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

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Abbiamo sempre pensato che se da 23 mesi gli indiani detengono illegalmente i Marò attirandosi addosso (ma solo adesso, purtroppo…) critiche e censure di mezzo mondo senza essere però in grado di formalizzare alcuna imputazione nei loro confronti e quindi senza poterli sottoporre a giudizio come pretendono e vorrebbero fare, un motivo preciso ci doveva essere. Anche per l’ovvietà che suggerisce il guardare la situazione dal loro punto di vista: vi pare che se avessero la possibilità di accusare e processare i Marò con prove schiaccianti e riscontri inopinabili non li avrebbero già trascinati in tribunale e condannati? I nostri sospetti puntavano all’impossibilità per gli indiani di imbastire una requisitoria basata su dati di fatto oggettivi ed elementi probatori inoppugnabili, cioè che inquirenti e magistrati fossero vittime della suggestione del vorrei – processarli e condannarli – ma non posso. Ora quei sospetti sono diventati una certezza alla luce degli ultimi sviluppi del caso.

Proviamo a metterci nei loro panni. Qualcuno, il ministro della difesa Antony, per aiutare l’amico Oomen Chandy a mantenere la carica di governatore del Kerala dall’assalto portato dall’estrema sinistra a causa della defezione di un deputato e della conseguente perdita della maggioranza nel locale Parlamento, suggerisce al Chandy di essere più realista del re e di cavalcare demagogicamente la strumentalizzazione politica del caso Marò appena scoppiato. A questo nefando complotto viene associata la locale polizia con lusinghe e promesse in caso di rielezione di Chandy, alla quale viene affidato il delicato compito di trovare il modo di “incastrare” i Marò, gli unici disponibili ad essere eletti a capri espiatori per l’uccisione dei due pescatori. Così, si manipolano e si costruiscono prove, altre a favore della posizione di Latorre e Girone vengono occultate, si depista, si costruisce un teorema accusatorio la cui solidità è quella di un castello di carte da gioco su un tavolo all’aperto esposto al soffio del vento pomeridiano mandato dal mare. Si arriva al punto che bisogna mantenere le loro infondate accuse avendo superato il punto di non ritorno della vergogna. S’è creato un caso che ha finito col coinvolgere tutti: il governo, la polizia, la Capitaneria di Porto, i periti necroscopici del Kerala prima, il governo centrale dell’India, la Corte Suprema di New Delhi, gli investigatori dell’antiterrorismo, il tribunale di New Delhi e tre ministeri, quelli degli Interni, della Giustizia e degli Esteri. Più il cerchio si allargava e più difficile era per quelli che il caso avevano viscidamente montato ammettere che si trattava di una boutade e chiedere scusa ammettendo di essersi sbagliati.

Certo avrebbero potuti mandarli sotto processo, ma cosa sarebbe accaduto? Vediamo un po’. Il comandante del peschereccio delle due vittime aveva dichiarato ai microfoni di numerosi corrispondenti e del canale TV locale Venad News e di fronte ad una folla di curiosi, appena approdato nel porticciolo di Neendakara alle ore 23.30 locali di quel fatidico 15 febbraio 2012 di “essere stati aggrediti da una grossa nave, di cui al buio non aveva scorto il nome, dalla quale gli avevano sparato addosso” causando la morte di due pescatori. Dopo tre giorni, la polizia del Kerala riesce finalmente a convince il comandante Freddy Bosco a fornire una nuova versione dei fatti, pena la mancata opportunità di farsi risarcire i danni qualora non si fossero trovati i responsabili. Ed allora Bosco i responsabili li fa subito trovare e, ritrattato quello che aveva affermato a caldo di fronte ad una platea di testimoni, forniva questa nuova versione dei fatti: “Saranno state le 16.30 del pomeriggio, io dormivo sul pavimento in cabina di pilotaggio accanto al timoniere, gli altri erano sottocoperta. Ho inteso una sparatoria della durata di circa un minuto e mezzo, ho inteso il tonfo del timoniere Valentine Jalastine, 45 anni, caduto in terra colpito a morte alla testa. Poi dopo, mi sono accorto che nella toilette giaceva esanime un altro nostro marinaio, Ajish Pinky, 25 anni, colpito da un solo colpo al cuore”. Una versione che, come abbiamo più volte dimostrato, non sta in piedi, che abbiamo smontato punto per punto, oltretutto definitivamente smentita dalle perizie fatte sulle foto del peschereccio appena dopo l’incidente dall’esperto di chiara fama internazionale Luigi Di Stefano, il perito balistico che ha fatto luce sulla tragedia di Ustica sostenendo la tesi di un missile sfuggito al controllo nel corso di una battaglia aerea, tesi accolta dal Tribunale, dalla Corte d’Appello e da quella di Cassazione.

A smentire Bosco e gli inquirenti indiani prima eravamo solo noi di Qelsi, oltre ovviamente ai Marò ed al loro collegio di difesa. Ora a distruggere il castello di calunnie costruito per incastrare i Marò, pensate un po’, sono nientemeno che altri indiani, cioè quelli della locale Guardia Costiera che registrano un’altra dinamica dei fatti, con orari e cronologia diversa da quella esibita dalla polizia del Kerala e ripresa nella pseudo-istruttoria tarocca sulla base della quale la NIA vorrebbe istruire un processo che se fosse fatto rischia di trasformarsi in un implacabile j’accuse di risonanza internazionale contro politici, magistrati ed inquirenti indiani. Questa testimonianza costituisce quindi una svolta clamorosa per affondare le tesi accusatorie degli indiani, perchè conferma gli orari accertati con la prima versione dei fatti sempre sostenuta dai Marò e dimostrata dalle comunicazioni intercorse tra la Lexie, l’armatore ed centro SAR per il controllo della navigazione di Mumbai e decreta, per ovvia conseguenza, l’assoluta estraneità dei nostri fucilieri alle vicende che hanno condotto alla morte dei due pescatori. In un eventuale processo questo sarebbe un primo punto a sostegno del proscioglimento dei Marò. Ma questa sarebbe solo una delle enormi incongruenze della storia che la NIA vorrebbe raccontare.

C’è il referto balistico inviato tramite il ministero degli Esteri dell’India in via ufficiale alla Marina Militare italiana che indica come non furono Latorre e Girone a sparare. Ma allora perchè li vogliono processare? Ma non è tutto. Quando il 16 febbraio del 2012 l’anatomopatologo prof. K. Sasikala, docente associato di medicina legale all’Istituto di Medicina legale di Trivandrum, esegue l’autopsia, dai corpi delle vittime estrae due proiettili, uno ciascuno. Già questo, insieme alle foto del St Antony in cui il peschereccio appare quasi intatto, contribuisce a smentire le dichiarazioni di Bosco, perchè se i Marò avessero sparato per un minuto e mezzo avrebbero esploso circa duemila colpi ed i due cadaveri sarebbero stati crivellati di colpi o fatti a pezzi. Ma a parte questo, in modo irrituale nel suo rapporto necroscopico Sasikala non indica il calibro delle ogive, ma la lunghezza e le due circonferenze delle pallottole. I numeri sono: lunghezza 3,1 centimetri, circonferenza sulla punta 2,0 centimetri, circonferenza sopra la base 2,4 centimetri. Le cifre sono compatibili con un calibro 7 e 62 e non con il calibro 5 e 56 dei sei fucili Beretta 70/90 e dei due mitra Fn minimi in dotazione alle truppe Nato, e quindi anche ai Marò. Con tenacia degna di miglior sorte, il 10 aprile 2012 la polizia keralese tenta un’ultima carta disperata per costruire una perizia utilizzabile contro i Marò. Succede quando a quesito il Forensic Sciences Laboratory comunica ai giudici ed alla polizia del Kerala che le armi del delitto potrebbero essere nuovi modelli di fucili Beretta Arx-160 che possono esplodere anche colpi calibro 7 e 62, sostituendo però la canna e alcune altre parti dell’arma. Secca e definitiva la replica della nostra Marina Militare che ha gioco facile nello smentire la tesi indiana. Quel fucile, si ribatte, non è in dotazione ai Nuclei Militari di Protezione delle navi italiane. Punto e basta.

Ma la polizia del Kerala è disperata, non si arrende, non può arrendersi e cerca in qualche modo di correre ai ripari. Manda a Roma alcuni 007 intercettati e riconosciuti dal giornalista del Foglio Daniele Ranieri, che riporta la notizia sul suo quotidiano, il quale li sorprende mentre erano in disperata ricerca, ma senza successo, di fucili Beretta Arx-160, gli unici in grado di sparare anche colpi 7 e 62. Allora non era chiaro quale fosse il motivo che aveva spinto a Roma gli 007 indiani, ora tutto torna ed i nodi arrivano al pettine. Viaggio a vuoto, inutile e sbagliato negli intenti, perchè se anche li avessero trovati in commercio gli Arx-160 nulla avrebbero dimostrato, considerato che la polizia del Kerala ha tenuto sotto sequestro e rivoltato come un calzino la Enrica Lexie per due mesi senza nulla trovare in grado di sparare proiettili di quel calibro. Peraltro, il referto finale delle perizie balistiche sui proiettili appare chiaramente contraffatto. Pezzi di frasi e brani cancellati e poi coperti con altro scritto. Addirittura, nel passaggio dall’originale alla copia contraffatta viene alterato persino il modo di indicare la data della protocollazione: nel primo si indica infatti come “Cr No, Punto, 02/12, mentre nel secondo diventa “Cr. No, Due Punti, 02/12″. Senza dire delle perizie sul peschereccio, non pervenute, perchè mai effettuate secondo standard affidabili e riconosciuti. Risultato : perizie inutilizzabili contro i Marò e pertanto secretate sino all’avvio del processo, non rese disponibili neppure alla difesa. Meglio non lasciare tracce compromettenti in giro.

Anche perchè, guarda tu il caso, il calibro 7 e 62 è esattamente quello dei proiettili sparati dai mitra russi Pk montati sugli sfreccianti Arrow Boats della Guardia Costiera e della Marina Militare dello Sri Lanka, stato contro il quale l’India conduce da anni una guerra latente, che sparano a tutti i pescherecci indiani, e non per avvertimento. Negli ultimi anni sono più di ottanta i pescatori indiani la cui morte è stata attribuita ai cingalesi perchè sorpresi a pescare sconfinando in quelle acque di cui contendono la territorialità all’India, senza che questa possa fornire loro alcuna protezione. Per una volta che si possono accusare due italiani di passaggio, perchè non approfittarne?

Poi in un processo potrebbero venire fuori precedenti a dir poco imbarazzanti per l’India. Chi non ricorda il caso della Savina Kayling, nave gemella della Enrica Lexie, stesso armatore, la Flli D’Amato di Napoli? La Savina fu catturata e sequestrata dai pirati somali e trattenuta in ostaggio per 11 mesi insieme a 22 uomini di equipaggio, 5 italiani e 17 indiani. Si dovette pagare un riscatto (l’Italia), ma prima della liberazione il governo indiano implorò quello italiano di dare precedenza ai prigionieri indiani, altrimenti avrebbero corso il rischio di subire gravi ritorsioni da parte dei somali una volta rimasti nelle loro mani. L’Italia accondiscese alla richiesta e gli indiani furono liberati per primi e con ogni precauzione per tutelarne l’incolumità. E’ per ringraziare i loro liberatori, che poi gli indiani hanno arrestato due Marò italiani che erano in missione antipirateria volta a salvaguardare la sicurezza della navigazione di tutti, anche quella degli indiani.

Oppure il caso dei due pescatori uccisi per errore dai marines Usa che scortavano una nave appoggio di unità della US Navy di fronte alle coste del Dubai, perchè li avevano scambiati per pirati. In quel caso il governo indiano nemmeno si azzardò a protestare e fu subito raggiunto da una nota di protesta del Pentagono consegnata all’ambasciatore indiano a Washington DC nella quale si denunciava la irresponsabilità dell’India che mandava in giro in acque pericolose propri pescherecci fatiscenti, privi di mezzi di comunicazione e senza un’efficiente strumentazione capace di garantire la sicurezza della navigazione propria ed altrui. Oppure i due civili indiani uccisi per errore nel Centro Africa dai parà francesi che avrebbero dovuti tutelarli, perchè scambiati per guerriglieri nonostante fossero trasportati da un camion dell’esercito del Gabon alleato dei francesi. Telefonata di scuse di Hollande a Singh, il primo ministro indiano, ed incidente chiuso, perchè i parà erano coperti da immunità funzionale. La stessa immunità che l’India ha preteso fosse riconosciuta e rispettata per suoi 37 militari che indossavano in Congo la divisa dei peacekeepers, i Caschi Blu, che una corte internazionale ONU, Congo ed India aveva riconosciuto responsabili di centinaia di stupri contro donne e bambine, molte delle quali uccise per divertimento, di traffico di droga, di armi e preziosi, oltrechè degli aiuti destinati alla popolazione civile, tutte attività estranee alla missione per la quale erano stati mandati in Congo. La stessa immunità funzionale che ora l’India rifiuta di riconoscere ai nostri valorosi soldati impegnati a contrastare terrorismo ed atti di pirateria in un mare infestato di pirati.

Ecco, si diceva, mettiamoci nei panni degli indiani. Anche solo per quello che abbiamo riferito, e molto altro ancora s’è detto e si potrebbe tornare a dire, ve la sentireste di condurre un processo che per forza di cose attrae un’attenzione planetaria sulla base degli elementi accusatori così inconsistenti da smentirsi da soli? E’ per questo che dopo 23 mesi stiamo ancora al punto di partenza e nessuno in India si vuole prendere la responsabilità di fare la prima mossa. Ed è per questo che possiamo pensare che lunedì 24 marzo, a conclusione dei festeggiamenti per la primavera che in India sono un sacro rituale, qualcuno proporrà di finirla lì proponendo la liberazione dei Marò, con un dispositivo procedurale che tecnicamente li lascia a piede libero in attesa di un processo che per gli indiani è molto meglio non si svolga mai.
Cordialità
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Re: MARO' - Vergogna della politica italiana

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News 18 Sett. 2015

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Di Rosengarten, il 18 settembre 2015 - # - Replica

ImageProxy (1)Il clamore sollevato dalla “scoperta” segnalata qualche giorno fa da un quotidiano, secondo il quale i proiettili che hanno ucciso due poveri pescatori indiani, che non avranno mai giustizia, non sono stati sparati dai Marò, ci suscita sentimenti contrastanti. Da una parte possiamo finalmente compiacerci nel constatare come si prenda unanimemente atto non soltanto dell’innocenza dei nostri militari, ma della loro assoluta estraneità ai drammatici avvenimenti che provocarono quelle due vittime. I Marò non c’erano sul teatro di quella tragedia, come dimostrano non solo i proiettili assassini incompatibili con le armi in loro dotazione, ma tutta una serie di elementi probatori che nel corso di tre anni e mezzo abbiamo pazientemente e puntualmente elencato in una lunga serie di articoli su questa incredibile vicenda. Però questo improvviso clamore scatenatosi a scoppio molto, troppo ritardato ci fa anche sprofondare in una grande amarezza, ci consegna ad un insopportabile senso di impotenza nel constatare, da cittadini liberi, che l’innocenza dei nostri due fucilieri era lì di fronte a tutti, e per tutti intendiamo le istituzioni, il governo, il Parlamento, i ministri, la magistratura, gli enti locali, le associazioni, i media senza che nessuno abbia mosso un dito per intervenire a sottolinearla con vigore ed in ogni sede più opportuna, onde ottenere la liberazione di due innocenti.

E ci viene da pensare a cosa sarebbe successo se quei due militari anzichè italiani fossero stati, la buttiamo lì, due marines del Regno Unito, due sudditi di Sua Maestà la Regina. Sui tabloid inglesi sarebbero infuriate polemiche di inaudita violenza, gli insulti sarebbero volati come stracci bagnati e gli indiani e l’India sarebbero stati fatti a pezzi dall’opinione pubblica britannica ed a livello diplomatico mondiale, additati al pubblico ludibrio internazionale e dipinti come distruttori della democrazia e del diritto, nonchè raffigurati come ignobili calpestatori dei diritti umani, messi all’indice e vituperati anche nel più insignificante dei consessi internazionali, foss’anche la festa del tacchino di Canzano. E la collera albionica sarebbe montata come panna sbattuta col frustino in una ciotola perchè quando si tratta di salvaguardare orgoglio ed unità nazionale ed imporre il rispetto della croce di S. Giorgio in Inghilterra non ci sta divisione politica che tenga : tutti uniti, laburisti e conservatori, sotto la Union Jack a fare quadrato, nordirlandesi, scozzesi e gallesi inclusi.

Se invece fossero stati due marines degli Stati Uniti nulla di tutto questo. Però ci saremmo svegliati una mattina con i telegiornali ad annunciare l’avvenuta liberazione dei due militari grazie ad un blitz notturno con un elicottero Super Stallion RH 53D, un intervento programmato e coordinato con l’ambasciata a New Delhi, con l’appoggio della Us Navy e la copertura della Nato. Ma i Marò non sono del Sussex o del Kentucky, ma pugliesi e la mobilitazione che è scattata in loro difesa l’abbiamo vista tutti: nessuna, zero assoluto, niente. Anzi, meno di niente, perchè la stampa nazionale sul tema, nel migliore dei casi, è stata agnostica e silente, mentre gli unici a parlare sono stati squallidi figuri della sinistra militante e dichiaratamente colpevolista come la Sgrena o come il maoista Matteo Miavaldi. Quest’ultimo ha potuto permettersi, indenne ed indisturbato, di schernire e dileggiare due valorosi militari, rei soltanto di essere stati ligi al loro dovere, sottolineandone una aprioristica ed infondata colpevolezza, con argomentazioni false e tendenziose, spesso riprese da altri quotidiani “moderati” filogovernativi.

Eppure di argomenti a favore dei Marò per attaccare gli indiani sul piano concreto ce n’erano, tanti, solidi ed inoppugnabili. Quelle cose che adesso creano consenso attorno al convincimento dell’estraneità dei Marò noi le avevamo già dette più di due anni fa, e poi le abbiamo ripetute in ogni occasione utile. Non abbiamo mai chiesto che le nostre affermazioni, le nostre argomentazioni, le tesi che abbiamo esposto per 40 mesi dovessero essere prese per oro colato. Ma speravamo che avrebbero perlomeno sollevato curiosità, se non insinuato dubbi in chi di competenza, perchè dedicasse un minimo di attenzione a verificarle od a contestarcele, a noi ed a quelli che la pensano come noi, come campate in aria. Non è simpatico, nè professionale, specie in situazioni come questa che espone a facili strumentalizzazioni, starsi a citare e ad autoreferenziarsi. Ma solo per dare modo ai lettori che lo vogliano di avere accesso ad una circostanziata esposizione di quanto emerso più di due anni fa, possiamo ricordare un articolo di Qelsi dell’aprile del 2013, dal titolo eloquente: “Perizie taroccate e sparizione del St Antony: così in India intendono incastrare i Marò” in cui anticipavamo di 2 anni e 5 mesi le rivelazioni pubblicate adesso e fatte passare per novità clamorose.

Di veramente clamoroso c’è ora che le nostre rivelazioni, a due anni e mezzo di distanza, sono state confermate ed indirettamente avallate dagli indiani stessi, non è chiaro se per incompetenza o se per distrazione, nella documentazione presentata nell’udienza arbitrale presso il tribunale del Mare di Amburgo. A quell’epoca, nel 2013, noi non avemmo visione del rapporto della perizia autoptica, ma seguendo i media indiani in lingua inglese fummo messi sull’avviso da una frase, che poi abbiamo scoperto essere riportata a pag. 2 del rapporto necroscopico originariamente redatto dall’anatomo-patologo prof Sisikala, che suonava : “A metallic bullet with a pointed tip was found under the surface of the brain in the subdural space. It measured 3,1 cm in lenght and 2.0 cm in circumference at a point 2.4 cm above the base”, che riferiva cioè che l’unico proiettile rinvenuto nel cranio di una delle due vittime, l’altra non aveva ritenuto il colpo mortale al cuore, era un 7,62×54 R non compatibile con le mitragliette Beretta in dotazione ai Marò. Nell’articolo richiamato si diceva:

“…il professor Sisikala..(omissis)…redige un rapporto circostanziato nel quale, nero su bianco, scrive che i proiettili che hanno trapassato i pescatori, dei quali proiettili una sola ogiva è stata ritenuta nel corpo di uno dei due pescatori, sono compatibili con un calibro 7 e 62 lungo, non in dotazione ai Marò. Ma per uno straordinario prodigio, nella copia del rapporto che arriva sul tavolo del magistrato di Kollam, che a ragion di logica dovrebbe essere la stessa firmata dall’anatomo-patologo, il calibro cambia e diventa di 5 e 56, ovviamente compatibile con quello dato in uso alle truppe Nato, e quindi anche ai Marò. Ovvio che senza produrre l’ogiva, l’unica disponibile secondo il prof Sisikala, anche se poi la polizia ne caverà altre tre dal suo magico cilindro, ognuno può dire quello che vuole…”.

Detto questo, ci corre l’obbligo di precisare che di per sè, l’incompatibilità dei proietilli assassini con le mitragliette di Latorre e Girone non è affatto esaustiva del percorso per stabilire con fondata certezza la non colpevolezza dei Marò. Quindi appare incauto ed infondato il tanto ottimismo strombazzato a dritta e manca adesso da gente che, per averla seguita saltuariamente e con poca attenzione, quasi nulla sa di una vicenda di per sè complicata, caratterizzata da mille risvolti politici e giuridico-diplomatici, che va avanti da tre anni e mezzo e che ora si vorrebbe risolvere con un colpo di bacchetta magica. Se non si possiede una puntuale ed approfondita conoscenza di tutti i fatti, con quali argomenti ci si potrebbe opporre a chi dicesse che i Marò avrebbero potuto utilizzare dei Kalashnikov che sparano i 7,62 lunghi per uccidere i due pescatori e che poi potrebbero essersi sbarazzati di armi e munizioni gettando il tutto in fondo all’Oceano Indiano una volta sospettati ed indagati dalla polizia del Kerala? Ecco, i trionfatori dei due anni dopo, quelli che scoprono i Marò soltanto adesso ci dicano loro cosa risponderebbero a questa eccezione. E’ evidente che il convincimento solido e provato dell’estraneità dei Marò al delitto loro addebitato dagli indiani deriva da una articolata disamina di fatti, di riscontri probatori, di valutazioni dietrologiche, di verifiche di situazioni, circostanze e decisioni prese da una varietà di soggetti della politica, dell’ordine giudiziario, della diplomazia, dei periti tecnici che non può meramente ridursi alla sola considerazione del diametro delle ogive e dei proiettili.

Molto più consistenti ed inaffondabili della prova proiettile, che però concorre significativamente con le testimonianze oculari a formare un quadro assolutamente favorevole all’innocenza dei nostri fucilieri, sono le conclusioni che derivano dall’analisi degli orari e degli spostamenti del St Antony e della Lexie, dei messaggi scambiati tra la petroliera italiana, il comando di bordo ed i Marò, e l’MSCHOA (Maritime Security Center Horn of Africa), l’UKMTO (Centro Operativo per la Marina Commerciale del Regno Unito), la base di Santa Rosa della Marina Militare italiana, ma soprattutto tra la Lexie ed il centro SAR (Search and Rescue) ed MRCC (Maritime Rescue and Coordination Center) di Mumbai, India. Ma la prova fondamentale, l’unica che già da sola basterebbe a scagionare i Marò è il video del canale televisivo di news h24 NDTV, che permette di stabilire che l’uccisione dei pescatori avvenne esattamente 5 ore dopo che i Marò avevano dissuaso l’attacco di un natante di pirati che tutti hanno visto dal bordo della Lexie imbracciare micidiali armi automatiche.

Per chi ne vuole sapere di più rimandiamo agli altri articoli pubblicati su Qelsi tra il 2013 ed il 2014, in particolare quello dell’11 settembre del 2013 : “Per andare contro i Marò l’Espresso aggiunge le sue menzogne a quelle degli indiani”. A quel tempo, ad approfondire l’analisi del quadro completo della situazione dei Marò ci condusse per inerzia la furibonda campagna di stampa della sinistra italiana denigratoria e colpevolista, che all’epoca si avvaleva della “preziosa” collaborazione di tale Matteo Miavaldi. “Chi è costui?” potremmo chiederci riproponendo il manzoniano dilemma sollevato a proposito di Carneade. Miavaldi è un giornalista, almeno tale si autodefinisce, un ideologo tardivo del maoismo più integralista, un individuo un po’ strano, ma che a noi fa quasi tenerezza perchè ci ricorda da vicino Teruo Nakamura, il soldato giapponese che fu ritrovato nel Pacifico, rintanato nella sperduta isoletta di Morotai, in tuta mimetica, armato di tutto punto, con stralci fogliosi a ricoprire l’elmetto, che nessuno prima di allora aveva avuto modo di avvertire che la guerra era già finita da trent’anni e che l’aveva pure persa.

Il Miavaldi è l’animatore del sito wumingfoundation.com/Giap, su cui vi chiede la cortesia di entrare con parsimonia e possibilmente solo per il tempo necessario a versare un obolo per la causa per il quale si accetta di tutto, dai bonifici bancari agli accrediti con le più diffuse creditcards: Amex, Visa, Master, quello che volete. Il Giap dopo lo slash è il sanguinario generale nordvietnamita che, mentre gli americani gli usavano il riguardo di non bombardare le risaie a terrazza per non provocare alluvioni apocalittiche e relative stragi di civili, in particolare di donne e bambini, lui trucidava e mutilava migliaia di ventenni marines americani lasciando nella boscaglia oggetti apparentemente innocui, lattine di birra o Coca Cola, bambole, orologi, che però erano collegati a micidiali ordigni esplosivi. Miavaldi vive a Calcutta ed è caporedattore del sito di notizie dal continente asiatico China Files. Si tratta quindi di persona ben informata anche sugli avvenimenti in India, e quindi anche sulla vicenda dei Marò, rispetto alla quale ha svolto l’attività di collaboratore freelance per conto del gruppo La Repubblica-l’Espresso, con corrispondenze spesso riprese anche dal FQ ed, ahinoi, dall’autorevole (?) Corsera.

Ma che ha combinato Miavaldi contro i Marò? Intanto, il 3 gennaio del 2013, mentre le persone normali giocavano a tombola, lui pubblicava sul suo sito maoista l’articolo rivelatore del verbo, della verità assoluta: “I < >: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto”. Non contento di questo, il buon Matteo si è poi cimentato nella scrittura non di uno, ma di ben due libelli in stile libretto rosso di Mao Tse o del soccorso rosso dei brigatisti rossi italiani per dimostrare per filo e per segno come e perchè i due Marò fossero due ignobili assassini, per di più privilegiati, perchè invece di marcire in galera a pane ed acqua se ne stavano contenti e beati nel dorato rifugio dell’ambasciata italiana di New Delhi. Per chi ritiene non credibile tanta perfidia segnaliamo che a seguito dell’enorme successo riportato sul sito da quell’articolo presso i gruppi della sinistra italiana extraparlamentare e non, il gruppo l’Espresso e il FQ incoraggiarono lo spudorato mentitore calcuttiano a reiterare il suo castello di menzogne, di montature e di falsificazioni scrivendo un altro articolo che è postato su L’Espresso col titolo : Inchiesta: Marò in India, le balle di Canale 5.
Introduzione: Dai tg e dai programmi Mediaset è ripartita l’offensiva ‘innocentista’ sui due fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati dell’omicidio dei pescatori indiani nel 2012. A colpi di servizi video, si cerca di dimostrare che gli spari mortali partirono da un’altra nave. Ma il teorema non regge. Ecco perché, di Matteo Miavaldi da Calcutta….

Tra le menzogne riferite in questo nuovo pezzo, ce ne stanno alcune clamorose. La prima tira in ballo l’ammiraglio Piroli che secondo Miavaldi si sarebbe convinto della colpevolezza di Latorre e Girone in base al contenuto di un rapporto che il millantatore maoista definisce “interno alla Marina Militare italiana”, ma che in effetti riferisce quanto contenuto nel rapporto redatto dai Ministri degli Interni e della Giustizia indiani, ed inviato su richiesta italiana alla Farnesina tramite il Ministro degli Esteri indiano. In quel rapporto, che consiste essenzialmente del referto (taroccato, ora lo sappiamo con certezza) delle perizie balistiche gli INDIANI, non noi, concludono che a sparare NON FURONO Girone e Latorre, ma altri due dei sei Marò che si trovavano a bordo della Lexie, dei quali non riteniamo opportuno in questa sede fare il nome per ovvii motivi di sicurezza. Tanto è vero che noi in un articolo commentammo : “Ma come fanno questi (indiani) a perseguire due innocenti presi a caso nel mucchio pur essendo convinti che i responsabili della morte dei pescatori sono altri? Per quanto riguarda l’amm Piroli, lui si limitò ad ammettere che SE le risultanze di riscontri periziali obbiettivi, di cui la Marina non ha mai potuto prendere visione diretta, erano veramente quelle descritte dagli indiani si sarebbe dovuto prendere atto della responsabilità di due Marò. Sì, ma solo SE, e comunque si sarebbe trattato di un coinvolgimento che lasciava fuori Latorre e Girone. SE. Ma sappiamo che non è così.

Nel suo castello accusatorio, negli articoli e nei libelli, Miavaldi muove deliberatamente da due presupposti completamente errati, e che lui sa benissimo quanto siano falsi, ma ai quali spera che nessuno faccia caso. Il primo concerne il dubbio se i Marò, dopo l’incidente, si mossero in buonafede o malafede, lui propendendo ovviamente per questa seconda tesi. La questione era importante perchè i Marò avevano sempre sostenuto, e gli stessi inquirenti indiani hanno sempre dato credito alla loro versione, di essere rientrati in porto convinti di collaborare con la Guardia Costiera al riconoscimento di un barchino di pirati sequestrato nel porto di Kochi. Questa versione dei fatti, accredita la tesi innocentista, perchè chi, sano di mente, sapendo di avere ucciso due persone risponderebbe all’invito della polizia a passare dal commissariato per fornire informazioni sul caso? E’ chiaro che nulla abbia costretto al rientro in India della Lexie, che avrebbe potuto proseguire indisturbata sulla rotta per Djibouti. Questa non è una prova, ma comunque un punto molto forte della difesa dei Marò che denunciarono di loro spontanea volontà l’accaduto per mettere in guardia le imbarcazioni in navigazione nella zona.

A Miavaldi questa cosa non va giù e si perita di smontare questo alibi psicologico dei Marò. Per farlo, come si può leggere nell’articolo di cui sopra commissionato dal gruppo l’Espresso, il maoista si addentra nell’analisi dei messaggi scambiati e dei relativi orari. Ad un certo punto racconta, riferendosi alla versione innocentista che vuole inficiare

“…l’Enrica Lexie aveva denunciato tutto spontaneamente alle 19:16 ma gli indiani non avevano risposto all’allarme. Solo alle 21:36, avvertita immediatamente (?!) da Freddy alle 21:30 via radiotelefono che qualcuno aveva sparato addosso al peschereccio, la guardia costiera indiana decide di incastrare l’Enrica Lexie, spedendo una mail in cui si intima al capitano di invertire la rotta e fare rapporto a Kochi…(omissis). Ma nella mail della Guardia costiera, una delle prove mandate in onda al Tg5 a favore dell’innocenza dei marò, il funzionario indiano esordisce scrivendo “refer to telecon todate at around 1330 hrs utc”, ovvero “in riferimento alla comunicazione via telefono (probabilmente un contatto radio) avvenuta alle 13:30 tempo coordinato universale”, l’orario di Greenwich al quale dobbiamo aggiungere cinque ore e mezza per il fuso indiano, ottenendo le 19 ore locali”. Quindi conclude:

“Significa che le autorità indiane non solo si erano già messe in contatto con la Lexie (essendo state avvertite per tempo dell’incidente del St. Anthony) ma l’avevano fatto addirittura prima che la petroliera italiana diramasse l’allarme alle autorità anti-pirateria internazionali: la mail delle 19:16 è una risposta, tardiva e in malafede, al contatto radio con la Guardia costiera indiana (perchè secondo l’interpretazoione del Miavaldi la Guardia Costiera avrebbe convocato i Marò con messaggio delle 19.00 locali e il messaggio delle 19.16 sarebbe un tentativo dei Marò di crearsi un alibi, ndr)”.

A questo noi non vogliamo aggiungere nulla rispetto a quanto già detto in passato sull’argomento. Ci limitiamo a segnalare ai nostri lettori la foto della email in oggetto riprodotta ed allegata al suo articolo dallo stesso Miavaldi, e che lui attribuisce in due punti del brano alla Guardia Costiera. E già che ci sono, consigliamo ai lettori di dare una scorsa al contenuto della email. Tutti possono verificare che il mittente NON E’ la Guardia Costiera come spera di far credere il millantatore Miavaldi, ma l’igcmrcc, dove MRCC sta per Maritime Rescue & Coordination Centre di Mumbai, stato del Maharashtra, costa orientale dell’India, mentre la Capitaneria di porto richiamata dal collaboratore dei fogliacci debenedettiani è quella di Kochi, stato del Kerala, costa sud occidentale dell’India. L’MRCC fa parte della rete SAR (Searche And Rescue) per il controllo e la sicurezza della navigazione coordinata dall’agenzia IMO (International Maritime Organization) delle Nazioni Unite, che nulla ha a che fare con le attività di polizia e controllo amministrativo. La telefonata delle 13.30 ora locale (ora 19.00 utc) richiamata nella email si è evidentemente svolta tra la Lexie e l’MRCC, con la quale i Marò si sono fatti parte diligente per avvertire i tutori della sicurezza nell’Oceano Indiano del pericolo costituito dalla presenza di pirati armati al largo del Kerala.

Basta leggere tale email per convincersi che più tardi, alle 4,06 pm, cioè alle 16,06 ora locale, ovvero le 21,36 utc il Centro di controllo marittimo, non la Capitaneria, richiama la Lexie chiedendole la cortesia di contattare la Capitaneria, fornendo allo scopo numero del canale radio VHF e due numeri di telefono, al fine di fornire alle autorità di polizia ulteriori elementi conoscitivi, oltre a quelli già comunicati all’MRCC, sul tentato abbordaggio dei pirati alla Lexie. Quindi, contrariamente a quanto afferma Miavaldi, ancora alle 21.36 locali NESSUNO in India, a parte l’MRCC, sapeva dell’incidente della Lexie. Sono stati i Marò, sollecitati dall’MRCC, ad avvertire le autorità di polizia di Kochi di quanto accaduto alla Lexie e questo è avvenuto DUE ORE prima che sparassero al St Antony. L’affermazione di Miavaldi sul fatto che Fredy Bosco (l’ignorante sta in India, ma non sa che il comandante del St Antony si chiama Fredy con una sola d) avrebbe chiamato la Capitaneria alle 19.30, sei minuti prima della email che comunque non è pervenuta alla Lexie dalla Capitaneria, ma dall’MRCC, è assolutamente falsa, perchè non trova riscontro in nessuna risultanza dei fatti. Ma c’è di più. Come accertato dalla polizia del Tamil Nadu, stato di nascita e di residenza del Fredy Bosco, e come confermato dalla polizia del Kerala, dopo l’uccisione dei due pescatori il Bosco NON CHIAMA la polizia o la Capitaneria del Kerala, ma un suo amico del Tamil Nadu, raccontandogli che gli era successo un casino e pregandolo di telefonare lui alla polizia del Kerala per avvertirla delle due vittime, cosa puntualmente eseguita dall’amico.

Alle 23.30 circa ora locale, il St Antony entra nel porto di Neendakara atteso da cineoperatori, giornalisti e fotoreporter. Al canale NDTV, che non è una stanzioncina locale come tenta di minimizzare Miavaldi, ma l’equivalente in India della CNN, il Fredy rilascia una intervista per descrivere il contenuto della quale riprendiamo testualmente le parole usate da Miavaldi:

“Il video utilizzato da Capuozzo è un estratto di un servizio andato in onda su Venad News, un canale d’informazione del Kerala, ed effettivamente pare proprio che Freddy dica “21:30″ (come indicazione dell’ora della sparatoria, 5 ore dopo quella della Lexie, ndr), la traduzione è stata confermata da amici fluenti in malayalam. Ma la stampa indiana non ha mai riportato questa versione, così ci è venuto il dubbio che si trattasse di un abbaglio, di una tara messa alle dichiarazioni di una persona in completo stato di shock (Freddy arriva in porto alle 23, balbetta, mischia malayalam e tamil, ripete più volte le stesse frasi)”

In effetti Bosco non balbetta, ma appare reticente e pesa le parole come se volesse stare attento a quello che dice. E non mischia i dialetti, ma risponde a domande che gli vengono rivolte in due delle 18 lingue, non dialetti, ufficialmente riconosciute dalla Costituzione dell’India. Si evince già da questo esordio sull’argomento che questa versione dei fatti a Matteo non va bene, non combacia con i fatti e non si incastra nel castello accusatorio che lui vuol far passare, ripreso pari pari ed acriticamente da quello che sta tentando di erigere la polizia keralese su imbeccata dei politici del Kerala (Oomen Chandy) e di New Delhi (A.K. Antony, ministro della difesa dell’India). Bisogna inventarsi lo shock post-traumatico. Di passaggio si noti l’apertura mentale dei maoisti e dei sinistrorsi in genere: quella notizia NON PUO’ essere vera, non perchè sia dimostrato che è falsa, ma perchè nessun giornale la riporta. Non è vero quello che si sente e si vede, ma quello che pennivendoli schierati, viscidi e prezzolati decidono di raccontare e far passare come verità funzionale alla logica ed agli interssi del Partito, che per definizione marxista coincidono con quelli dei cittadini e dei lavoratori. Una vera deformazione professionale da militante di sinistra quella del Miavaldi. Ma andiamo avanti.

“Perché non riportare per intero le dichiarazioni di Freddy (Si riferisce a Toni Capuozzo, ndr)? Probabilmente perché a tutti era noto che in quel momento il capitano stava straparlando, considerando il fatto che la stampa indiana era al corrente degli spari contro il St. Anthony (Gesù, ancora, ma va senza h, è indiano, mica americano, ndr) almeno dalle 20, ora in cui il Times of India pubblica la breaking news sul peschereccio indiano, senza ancora essere in grado di indicare l’Enrica Lexie come sospettata numero uno. Le indagini erano ancora in corso e, a beneficio dei complottisti, ricordiamo che l’Olympic Flair avrebbe denunciato il tentato abbordaggio solo alle 22:20, due ore e venti più tardi (se è per questo ha pure ritrattato la denuncia come mai resa. Facciamo notare che le 22.20 è comunque un orario compatibile con una sparatoria delle 21,30 che potrebbe avere visto coinvolta come terza parte il St Antony, ndr). Quindi o la stampa indiana ha il dono della preveggenza, oppure le parole in stato di shock di Freddy sono da prendere con le pinze”.

Intanto non è vero che le breaking news del Times of India si riferiscano al St Antony, ma all’attacco subito dalla Enrica Lexie. Ma c’è una inoppugnabile prova fisica che dimostra la voluta mendacità del Miavaldi, del Fredy, della polizia e della magistratura dell’India. In tutta la vicenda dei Marò, solo su due dati di fatto sono tutti d’accordo : che gli incidenti segnalati dal St Antony e dalla Lexie siano entrambi avvenuti a circa 20,5 miglia dalla costa del Kerala, con la tesi accusatoria che sostiene che in effetti si sia trattato di uno stesso incidente; che il St Antony è rientrato in porto a Neendakara alle 23.30 circa ora locale. Prendendo per buona la tesi accusatoria sostenuta a spada tratta dal Miavaldi c’è un grosso problema di fisica che non si può risolvere e qui il maoista naufraga nel suo mare di menzogne e dimostra ancora una volta che la condizione necessaria, ma non sufficiente, per essere dei maoisti, è quella di essere stupidi. Necessaria perchè tutti i maoisti sono stupidi, ma non sufficiente perchè non tutti gli stupidi sono maoisti.

Se l’incidente della Lexie avesse coinvolto il St Antony, se i pescatori fossero stati uccisi alle 16.30, significherebbe che il peschereccio indiano ha impiegato 7 ore, dicesi sette!, a coprire il breve braccio di mare di 20.5 miglia. Impossibile. C’è da ritenere che se ti sparano addosso ti dai alla fuga il più velocemente possibile, non ad andatura da passeggio, specie se hai due cadaveri a bordo. Ora la velocità massima di quel rottame che era il St Antony si aggira sui 14 nodi, ed ha come velocità di crociera a lungo sostenibile il 70 % della velocità massima, quindi 10 nodi. A questa normalissima velocità di crociera, il peschereccio avrebbe impiegato, rifacendosi alla fisica per la quale il tempo impiegato su un percorso è uguale allo spazio coperto diviso la velocità, circa due ore nel nostro caso, tanto fa all’incirca 20,5 diviso 10. Ergo, il St Antony si sarebbe dovuto presentare in porto alle 18.30 ora locale, invece arriva cinque ore dopo, cioè alla 23.30, ora di arrivo da tutti verificata, pure dal Miavaldi e dai suoi amici keralesi. Che hanno fatto i 9 superstiti del St Antony in quel lungo lasso di tempo? Non si sa, tutti glissano e nessuno risponde. Se invece sulla base della tempistica dei messaggi scambiati dai Marò e dalle comunicazioni dell’amico di Fredy dal Tamil Nadu con la Capitaneria del Kerala, l’incidente del St Antony fosse fissato alle 21.30 ora locale, ecco che dopo la sparatoria i pescatori scappano ed in un paio d’ore rientrano in porto esattamente all’ora in cui questo s’è realmente verificato, cioè le 23,30.

Come si vede, abbiamo smontato senza sforzo e solo impiegando un minimo di buon senso, la parte più importante del castello di menzogne costruito dagli indiani e dall’inattendibile corrispondente della peggiore sinistra nostrana. Ed il bello è che lo abbiamo fatto utilizzando le loro stesse armi, cioè girando contro di loro prove e circostanze con le quali loro avrebbero voluto dimostrare la colpevolezza dei Marò. In tutto questo il Miavaldi e la nostra sinistra non si pongono delle domande alle quali sarebbe interessante dare risposta per risolvere il giallo del St Antony e dei due pescatori uccisi:

a) un peschereccio non registrato, senza insegne, parte dal Tamil Nadu, fa base a Neendakara nel Kerala, dall’altra parte dell’India, e poi va a pescare in acque non lontane dal Tamil Nadu da cui era partito? Perchè?
b) Perchè tra le 3000 prede catturate dal St Antony in una proficua battuta di pesca, tra maccarelli e piccoli squali si contavano centinaia di tonni del tutto assenti nelle acque del Kerala?
c) Perchè Fredy dopo la sparatoria non ha chiamato lui la polizia? Cosa aveva da nascondere?
d) Perchè il St Antony sfidava ripetutamente il passaggio nel pericolosissimo ed angusto stretto di Palk, quello che separa due stati, India e Sri Lanka, impegnati in una guerra non dichiarata e dove tutti sparano a tutti?
e) Come è possibile che due pescatori uccisi a raffiche di mitra muoiano uno per un solo colpo mortale alla testa, proiettile ritenuto, e l’altro con un solo colpo mortale al cuore, proiettile fuoriuscito?
f) Quale improbabile combinazione statistica ha portato alla morte dei due unici pescatori di fede cattolica sugli 11 che componevano l’equipaggio del St Antony, lasciando assolutamente illesi tutti gli altri? Sfigati ‘sti cattolici in India, no?
g) Come è possibile, come ha riferito in una delle tante sue testimonianze il Fredy, che dalla Lexie gli abbiano sparato per circa 90 secondi senza interruzioni? Se fosse vero, il St Antony sarebbe stato annaffiato da 2000 colpi e sarebbe sicuramente affondato, anche perchè colpi sparati dall’alto in basso, che avrebbero aperto grosse falle nello scafo.
h) Come è possibile che i 12 vetri della cabinola di pilotaggio siano rimasti intatti?
i) Come hanno fatto dalla Lexie a sparare dal bordo a 30 metri sul pelo dell’acqua senza lasciare tracce di proiettili su traiettorie oblique?
l) E perchè le uniche traccie ravvisabili prima che distruggessero il relitto del St Antony, tenuto per un anno nascosto a marcire nel porto di Kochi, erano su traiettorie orizzontali, parallele al piano del mare? m) E perchè una barca inaffidabile e fatiscente come il St Antony viaggiava su rotta parallela a 20 miglia al largo della costa, invece che seguire una più sicura rotta di piccolo cabotaggio?

Provi a rispondere a questi quesiti il freelance del gruppo La Repubblica- l’Espresso e del FQ, si informi e poi torni a scrivere e dissertare sui Marò. Le risposte a quelle domande gli indiani ce l’hanno, ma se le tengono per loro. Intanto si sono già messi in tasca 1milione e 140mila dollari. Poi aspetteranno di vedere come va a finire con i Marò. Tanto non si devono neanche difendere dagli attacchi. A quello ci pensano i traditori collaborazionisti del gruppo Repubblica-l’Espresso sostenuti da loro degni compari d’idea. Ma ne riparleremo presto.
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Bruno
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