"Germano"
Più che romantico, sono un sognatore.
Forse un folle.
Ma la caccia che vedo intorno a me non mi piace affatto, e sempre più spesso mi sorprendo a pensare che la fine di QUESTA caccia non sarebbe una perdita grave.
Quello che mi è stato insegnato da mio padre e da tanti della sua generazione non lo vedo più, e quello che l'ha sostituito mi fa vergognare di essere un cacciatore.
Dovunque guardi, è tutto un fiorire di numeri, risultati, distanze. Tendenti a "più infinito", ovviamente.
Quei poveri cristi dei nostri cani vengono presi in considerazione solo sulla base di un pedigree, di un CACIT, della milleduecentesima gabbiarola olezzante di sterco e mangime fermata in un pratino all'inglese proclamando l'ennesimo campione di cosa?
Non guardiamo più un cane girare, che sia da ferma o da seguita, senza le lenti dello "standard di lavoro".
Di meticci non parliamo neppure: al di fuori dell'ENCI non esiste nulla.
Imperversano come la grandine gare, raduni, trigesimi, che hanno sostituito spesso la caccia vera e propria.
I nembrotti di oggi vanno alle fiere della caccia (quante sono? Un migliaio?) anche nelle domeniche da settembre a gennaio, e fanno le foto. Poi fanno altre foto. E poi ancora.
Aspetto con timore il giorno in cui inizieremo a vedere le foto di una cagata fatta sotto l'ulivo, o in riva al fiume.
Perché non ce ne frega più un beneamato di andare a caccia.
Ci basta farlo vedere. E allora fra una cazzata e l'altra riempiamo cento giornate all'anno di stupidaggini, quando a Diana ne dedichiamo 20 se va bene.
E i cacciatori di oggi sanno tutto.
Con una licenza e mezza diventano esperti di tutto, e lo insegnano. Lo insegnano a quegli idioti, più idioti di loro, che ignorano che dietro ogni risposta che ricevono c'è una veloce ricerca su Google.
Così dei somari formano altri somari, nella generale convinzione di essere istruiti.
Il cacciatore di oggi ha smesso di essere cacciatore.
Ha bisogno della specializzazione, come un medico. E se non sei uno specialista devi stare zitto. E se non sei uno specialista sei uno sparatore.
Che vergogna essere uno sparatore in un'epoca in cui i TAV fanno il pieno perché se non macini 5000 piattelli all'anno non puoi mica sparare a un tordo.
Parlano tutti di abbigliamento tecnico, escono di casa come Messner sul K2, e sono aggiornati, tecnologici, belli che verrebbe da metterli sulla copertina di Vogue.
I cacciatori di oggi studiano sui forum, sui siti, e sanno tutto sulle differenze tra i continentali e gli inglesi, conoscono 620 marche di crocchette da dare agli ausiliari (l'unico stronzo che continua a chiamarli cani sono io), ma non hanno mai sentito parlare del "fumo".
Riconoscono un fusone gay di schiena al tramonto a 540 metri.
Poi sparano a un voltolino e postano la foto chiedendo cos'è.
Sanno tutto sulla balistica. Imparano a memoria i cataloghi, le tabelle con gli angoli di sito, conoscono calibri di cui non trovano le munizioni, ma se gli metti in mano il tuo fucile non riescono a prenderci una quaglia su tre al quagliodromo. Sempre ammesso che riescano a caricare...
E allora io non sono un cacciatore.
Perché i miei cani non sono ausiliari, non muoiono se do loro un pezzo di pane e non dormono nel mio letto.
Perché i miei fucili sono catenacci, e ci sparo bene, e ci sparo male, senza dare colpa alle pieghe, alle cartucce o alla colite di mia nonna. E se mi prestate il vostro, ci sparerò un po' meglio, ci sparerò un po' peggio, ma ci sparerò.
Perché a caccia non ci vado coi tessuti tecnici, ma con le pezze al cuxx.
Non sono un cacciatore perché per me gli animali vengono prima del carniere, e non ho mai fatto il conto di "quanto ho preso qui, quanto ho preso là", e se un giorno faccio cappotto, e se due giorni faccio cappotto me ne frego e mi diverto lo stesso.
Ma soprattutto perché non sono un beccacciaio, né un cinghialaio, né selecontrollore né capannista.
Sono solo un cacciatore.
E, per questo, non lo sono.