Cappellacci di tortora, cacioricotta e erbe mediterranee

Tutte le ricette conosciute e da 'rubare' alle nostre nonne per conservare quella cultura provinciale che riporta ancora a noi 'fragranze' e sapori 'veri'.

Cappellacci di tortora, cacioricotta e erbe mediterranee

Messaggio da leggereda BAYARD Settembre » sab 7 apr 2012, 21:10

Questa ricetta è dedicata a quanti, fortunati tiratori o maldestri padellari, volessero un'alternativa fresca e originale ai soliti modi di cucinare la tortora. La Streptopelia turtur è di passo da noi nella prima metà di settembre. Certo, la migrazione di questo columbide non è più oggi così intensa come ai tempi in cui sulle serre di Leuca si realizzavano pingui carnieri da capogiro, ma se doveste abbatterne qualcuna - eventualmente da integrare con qualche Streptopelia decaocto ormai stanziale da noi e sparata per sbaglio - una volta a casa non perdetevi d'animo e cominciate il calvario della spennatura. Una volta eviscerate (io mi limito a privare le tortore solo del tratto intestinale e di quanto contenuto nel gozzo, conservando in un piatto il resto delle rigaglie), mettetele a scottare in acqua salata con una decina di foglie di alloro secco e una presa di grani di pepe nero. Una volta estratte dal brodo di cottura che non vi serve e potrete buttare via, procedete a una sapiente scarnificazione dei petti, delle ali e delle cosce avendo cura di escludere la pelle. A questo punto occupatevi delle rigaglie che, per quanto siano esigue in considerazione della mole e della quantità di prede, vanno saltate in un tegame con poco olio extravergine monocultivar d'oliva cellina di Nardò (è un tipo di olio poco invasivo dal punto di vista gustativo e olfattivo ma sufficientemente sapido), un ciuffetto di rosmarino, pochissimo sale e una leggera spolverata di pepe nero. Tirate le rigaglie con del buon vino bianco (mi raccomando di non esagerare, poiché niente è peggio di un "sauté" dominato dal sapore di vino), quindi estraetele dal tegame, versatele su un piano di marmo, trituratele con una mezzaluna avendo cura di aggiungere mano a mano i filacci di petto, di coscia e di ali di tortora. Fareste prima con un macinacarne, ma il pregio di questa ricetta sta nella consistenza di questo ripieno a "punta di coltello" e non già a "pastone da tortellini". Considerando che nel periodo in cui avrete cacciato le tortore troverete ancora nelle masserie dell'ottimo cacioricotta, fate di tutto per procurarvene di caprino; se non lo trovate, ripiegate sul cacioricotta pecorino; ma badate bene che sia di quello né troppo fresco né troppo secco, poiché all'atto del grattarlo, prendendolo con la punta delle dita, esso deve impastarsi e ricompattarsi. Proprio questo cacioricotta dovete aggiungere alle carni di tortora in una terrina e lavorarlo con cura. Quando il ripieno vi convincerà come omogeneità, coprite la terrina con un foglio di pellicola trasparente e mettetela in frigo. Risolta la delicata fase del ripieno, passate alla pasta dei cappellacci: fate una sfoglia come quella che normalmente tirate - a mano o a macchina - per le tagliatelle, ma fate in modo che non sia eccessivamente sottile. Io per pasta da cappellacci intendo un miscuglio di farina di grano duro e uova: il rapporto tra farina e uova sta a voi definirlo, ma io direi che non sbaglierete se metterete 1 uovo per ogni 100 grammi di farina di grano duro. Fatto ciò, coprite la sfoglia con un
panno pulito umido, ma non bagnato. Scevri da quest'altra fase importante della preparazione, passate alle erbe mediterranee. E qui fate di necessità virtù, nel senso che se a settembre riuscite a procurarvi delle foglie di Borago officinalis, la comune borragine, sarete degli autentici Mandrake, altrimenti ripiegate su un battuto di bietola, timo verde, qualche foglia di basilico, cime verdi e tenere di rosmarino, poca rucola selvatica. Scottate per qualche secondo questa misticanza di erbe e strizzatela: la parte del leone dovrebbe farla la freschissima borragine e integrarla dal resto delle piante, ma se sarete parchi nel dosare la bietolina e farne una base neutra su cui agiranno gli oli essenziali del rosmarino e degli altri compagni suoi aromatici, sarete sulla buona strada per un apporto equilibrato di eccipienti odorosi. Come si compone il ripieno? Tirate fuori il trito di cani di tortora dal frigo e, dopo aver aggiunto a cucchiaiate poco per volta le erbette trinciate, scottate e strizzate,mescolate con cura nella terrina. Ora fate i dischi di pasta all'uovo; il loro diametro deve all'incirca essere quello di una grossa tazzina da caffé. Deponete su ciascuno di essi una presa del ripieno di tortora, erbe e cacioricotta. Coprite con un altro disco di pasta e chiudete bene ai margini con una forchetta. Se avete uno strumento per fare ravioloni tondi, usatelo, specie se siete poco pratici: vedrete che non sbaglierete.
I cappellacci così preparati possono stare qualche ora in frigo, oppure ve ne potete fare la scorta da mettere - ciascuno ben distanziato dall'altro - in congelatore. Ma è meglio cuocerli subito in abbondante acqua salata, scolarli e impiattarli o con una bella mestolata di salsa di pomodoro fresco (e naturalmente una sventagliata di immancabile cacioricotta) oppure con i classici buro&salvia.
Questa ricetta ha una sua storia. Il vecchio podestà di Soleto, accanito cacciatore, usava donare le tortore leucane alle monache clarisse del suo paese. E per tradizione queste ultime inviavano al podestà una bella "spasa" di cappellacci ripieni di tortora per i pranzi delle domeniche settembrine.

Dosi per 8 persone:

PER IL RIPIENO
10 o 12 tortore spiumate
1 pezza di cacioricotta caprino
borragine, mirto, rosmarino qb
pepe nero
olio extravergine d'oliva
vino bianco secco qb
qualche foglia di alloro secco
sale grosso qb

PER LA PASTA
farina tutto corpo di grano duro pugliese Kg 1
dieci uova fresche
BAYARD Settembre
 

Re: Cappellacci di tortora, cacioricotta e erbe mediterranee

Messaggio da leggereda Bruno Biscuso » sab 7 apr 2012, 23:24

Azzz...., in settembre prossimo fammi sapere il giorno che mi invito da te.
Magari si viene con altri amici del Club.
In subordine, prenotiamo presso un ristorante sotto la tua direzione artistica culinaria.
Cordialità
Bruno
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