da peuxxxx » dom 22 gen 2012, 9:41
Accantonando le righe seriose, solitamente noiose per l’interlocutore.
Un bel giorno d’Ottobre del 2010, insieme col mio vecchio partner venatorio, mi recai sotto quel ponte munito del fido Benelli e d’una attempata ma graziosa francesina, per sfidare a singolar tenzone il calabrescesvedese. I vari espedienti del quale, posti in essere per vanificare le mie ricerche, furono frustrati dalla scia di lamelle che inconsapevolmente lasciava dietro di sé. Un baldo padrino gli fece scudo col suo corpo, dichiarando che mai m’avrebbe permesso di far scorrere quel sangue verdognolo gialliccio che gli provocava violente nausee ed incubi notturni. La gentile, bionda valchiria compagna del mio partner, dotata di poteri paranormali, intervenne riuscendo non so come a placare la mia ira funesta che molti addusse lutti agli Achei. Il sole s’offuscò, i gatti miagolarono l’ouverture della Carmen di Bizet, le allodole presero a svolazzare in circolo sulle nostre cape, l’erba dei campi s’ammosciò, la clessidra si fermò. Colla codardia fra le gambe, l’espressione da Rosina Bindulin, scosso da brividi come un fuscello al vento, il calabrescesvedese s’insinuò nel carniere del prode padrino perdendo lamelle maleolenti. Nauseati, il partner ed io decidemmo d’abbandonare il campo, non prima d’averlo informato che saremmo tornati sotto quel ponte, di anno in anno, sino a quando non avrei ottenuto la sua pelle raggrinzita, il suo scalpo, il suo cosino da offrire al vorace pescegatto di Memè.