Alla fine degli anni ’80, la rivista ‘Diana’ diede notizia della commercializzazione dei risultati d’osservazioni e ricerche del dr. Leo Gavazzi, contitolare della Dentalpolymer Italia di Biella. Nel suo libro “La canna verde” di circa 100 ben illustrate e decisamente interessanti pagine, il Gavazzi riportò tutto quanto sostenesse l’opportunità di colorare di verde le canne dei fucili da caccia. Incuriosito ed interessato dalle sue affermazioni, essenzialmente fondate su criteri propri dell’educazione visiva, ne acquistai libro e vernice, incoraggiato dalla caratteristica di quest’ultima di poter essere asportata con alcool. Per quanti avessero optato per la colorazione definitiva, erano previsti i trattamenti Vellumax ed Oparex, compatibilmente colla cosiddetta od effettiva brunitura dei tubi.
Tanto il colore, press’a poco oliva, quanto il tono, erano determinati dalla media di quelli dominanti in natura. Inoltre, la vernice era opaca, sia per adeguarsi all’ambiente rurale, sia per eliminare i fastidiosi riflessi delle canne. Il fine era quello di contenere al massimo la fisicità delle canne, in favore della massima focalizzazione dell’attenzione del cacciatore sulla preda o del tiratore sui piattelli.
Per un paio d’anni cacciai colla canna verde, talvolta suscitando curiosità e sorpresa d’altri cacciatori. Poi, asportai quella vernice per non averne registrato benefici tali da giustificare la rinunzia al classico nero.